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Vulcano 01, Vulcano 02, stampe a getto d’inchiostro, 63,5 x 52 cm
Etna, Vulcano, Lipari, Panarea, Stromboli, Vesuvio, sapone, 15 x 20 x 20 cm circa 2015 I vulcani sono una delle manifestazioni più imponenti e affascinanti dei processi geodinamici che operano sulla terra. La vulcanologia oltre a studiarne l’origine e il comportamento, valuta la pericolosità ad essi associata. Uno dei parametri previsti dalla comunità scientifica internazionale per classificare i vulcani italiani è lo stato di attività, in base al quale si suddividono in estinti, quiescenti, attivi e sottomarini. I vulcani sono scelti come modelli per l’attivazione di un processo di riflessione sull’agire artistico. Le sculture che ne derivano, copie dal vero, nascono da una ricerca intorno al concetto di mimesi, di imitazione della realtà e della natura. L’utilizzo del sapone, materiale che attraversa inevitabilmente dei cambiamenti di stato, mette in discussione la concezione comune della scultura come immagine ferma nel tempo. Nella fotografia invece l’elemento dell’acqua assume un ruolo simbolico: la schiuma richiama l’attività eruttiva e, nel venire scolpita, si trasforma in una rappresentazione astratta delle forze che governano la realtà. All’interno di questo processo di lavorazione la scultura è il primo stadio di una lunga ricerca formale, mentre il mezzo fotografico è l’unico strumento per fermare l’istante in cui la materia sembra aver trovato la sua forma perfetta. Scultura e fotografia diventano i soggetti di un’analisi che esplora la possibilità dei media nel loro rapporto con l’effimero, la materia e la sua manipolazione. “Paola Pasquaretta opera in un contesto ove scultura e fotografia sono protagoniste alla pari: l’artista lavorando blocchi di sapone crea piccoli vulcani -copie di quelli sparsi lungo la penisola italiana- destinati a deperire nel tempo. Contestualmente, con la schiuma del sapone, ricrea per pochi istanti quei vulcani che la fotografia fissa per sempre. In questo processo, l’immaginario diviene reale, tangibile addirittura, eppure volutamente instabile tranne che, per ironia, nella sua forma più evanescente.” Filippo Maggia |